Redditometro: gli inviti del fisco e gli obblighi del contribuente, di Carlo Nocera

Posted by | aprile 11, 2014 | Utility | No Comments
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Questionario iniziale e successivo invito a comparire: sono i due diversi tipi di inviti che l’Agenzia delle Entrate invia al destinatario dell’attività di controllo. Ma quali sono gli obblighi del contribuente? E quali conseguenze derivano quando gli adempimenti richiesti non vengono eseguiti?

Due sono gli inviti che l’Ufficio dell’Agenzia delle entrate è obbligato ad inviare al destinatario dell’attività di controllo nelle due distinte fasi del procedimento:

– l’iniziale richiesta di dati e notizie, volta possibilmente a giustificare l’apparente incongruenza tra i redditi conseguiti nell’anno oggetto di controllo e caratterizzante il primo step del contatto tra fisco e contribuente,

– l’eventuale successivo invito a comparire, che formalizza l’avvio della fase di accertamento con adesione.

Ora si tratta di verificare, sempre in ragione di quanto prevede la normativa ma con un occhio attento anche all’interprete giurisprudenziale, quali siano gli obblighi del contribuente a queste due “chiamate” del fisco e le eventuali conseguenze nel caso in cui gli adempimenti richiesti non vengano, in tutto o in parte, eseguiti.

La prima fase, quella del contattoda questionario”, poteva essere suscettibile di pregiudicare, sin dall’inizio, l’intera fase del contraddittorio, stante la normativa vigente in materia di “questionari” ed “inviti” che l’Amministrazione finanziaria può rivolgere a qualsiasi soggetto.

La legge (art. 32, D.P.R. n. 600/1973) prevede che i dati, le notizie e i documenti non forniti in risposta alle richieste rivolte dagli uffici non possono più essere utilizzati dal contribuente per la propria difesa, tanto in sede amministrativa quanto giudiziaria: una “sterilizzazione”, insomma, che rappresenta una sanzione indiretta per le ipotesi della sua mancata collaborazione (o, se si vuole, per l’ostacolo – e la consapevolezza di arrecarlo – derivante dalla renitenza del destinatario della richiesta).

Tuttavia, appare evidente che una previsione del genere, nel caso di specie, non possa essere ragionevolmente applicabile, in ragione del fatto che gli uffici richiederanno dati e notizie con riferimento al periodo d’imposta 2009 e su aspetti – le “spese” – per le quali non sussistevano ragioni per mantenere all’epoca puntuali evidenze documentali.

Va dunque dato atto all’Agenzia delle Entrate, che peraltro sul punto ha anche accolto la raccomandazione espressamente rivolta dal Garante della privacy nel suo parere di novembre scorso, di avere dichiarato nel testo della richiesta di chiarimenti che la sanzione per un’eventuale inadempienza del destinatario si limita ad essere quella di una somma variabile da 258 a 2.065 euro, siccome prevista dalla normativa vigente (art. 11, comma 1, lettera c, D.Lgs. n. 471/1997).

Pertanto, nella prassi operativa degli uffici trova conferma anche quanto anticipato nello scorso mese di gennaio in occasione di incontri con la stampa specializzata, dove l’Agenzia in risposta ad un quesito sul tema affermò che la sola sanzione applicabile era quella di cui al citato art. 11.

Di diverso tenore, invece, si profila la posizione del contribuente che intendesse non rispondere al “secondo appello” dell’ufficio, ravvisabile nell’invito a comparire per l’avvio del procedimento da accertamento con adesione.

In casi del genere, va subito detto che la legge non prevede sanzioni per il comportamento renitente del soggetto “invitato”: in fondo, laddove il contribuente ritenesse di avere esaurito le argomentazioni a suo discarico con la risposta al questionario ricevuto in precedenza, ben potrebbe profilarsi la sostanziale inutilità di avviare un contraddittorio, per così dire “di maniera”, nella consapevolezza della concreta impossibilità di addivenire ad una soluzione, seppure mediata, della vicenda.

Ma attenzione: il tutto a condizione che il contribuente abbia efficacemente argomentato le proprie ragioni in occasione del deposito della documentazione e della fornitura dei dati richiesti, per non vedersi penalizzare dinanzi al giudice tributario che potrebbe valutare negativamente il comportamento riscontrato.

A fronte, invece, di un contraddittorio comunque formalizzato mediante la memoria depositata a corredo dei documenti e dati richiesti, il contribuente non potrà vedersi tacciato di “scarsa collaborazione” e, men che meno, di rifiuto preconcetto circa la possibile risoluzione della pretesa in fieri in via mediata.

Si tratterà, a quel punto, soltanto della decisione di attendere l’avviso di accertamento, avverso il quale proporre ricorso nel più breve tempo possibile.

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